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CRONOCRAZIA

Tempo, fantasma della mia testa,
crudele signore, che mi dà caccia
io credo in te.

Signore del guadagnar tempo, signore della fretta,
del tempo furioso, signore degli attimi, misero paradiso.

Lui però, si lascia
ingannare
su schermi opachi, lui
di cui nessuno
sa niente. Dietro le sue
spalle passando di fretta, l’eternità
raggiunta in quattro e quattr’otto ?

Vecchio stanco signore,
noi non viviamo, viviamo
in guerra col tempo.

*

Esiliato dunque
giù verso l’esattissimo orologio atomico
esso è passato nell’incolore aldilà,
che ruba il tempo.

La Bordeaux
di Hölderlin? E Patmos, l’isola ?
E quindi Giovanni 15 ?
Chi mai trasandato come lui
nel tempo del linguaggio lentamente
potrebbe arrivare a casa. A piedi
soltanto con un verbo percorrendo
una strada bianca. Noi però
abbiamo l’attimo sul finestrino
e il secondo rotola intorno al pneumatico. Nessuna
terra, mai, terra
questo Altrove. E antica nostalgia
segue zoppicando.

Io stesso sono l’uomo
di una cronocrazia, io, un figlio suo,
le fauci enormi davanti a me, prendo
quell’acqua, la mia vita intraprendo:
con pensieri
reti, nodi/ intrecciati
disciplina del tempo.

Alla fine nient’altro che impulsi,
ed è già stato.