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Autorenbuch Dieter Schlesak VIII DER TOD IST NICHT BEI TROST – FIXPOETRY.com

Gewählter Autor: Dieter Schlesak

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VIII DER TOD IST NICHT BEI TROST


MA NIENTE È PIÙ SICURO

Für Luciano Finto
In diesem letzten Herbst

1
Als wir noch beide im Licht standen, damals
in Parma, quella pianura dorata, eintauchten
in Mattiolis Bilder, von innen ein Wirbel, ein Licht
drang durch die Farben, je dunkler im Raum, umso heller
zündete / der Eine in uns, begeistert, als wäre der Malraum
der offne Himmel, begrenzt nur von Augen. JETZT
sind deine für immer geschlossen, du aber siehst
mich in ihm an, Weiß: proprio nel cielo
più profondo e vuoto in unseren erinnerten Blicken,
da auf Weiß in deiner Schrift dort an der Tür,
rot blendet sein Gewicht, der Kopf im Tod geneigt,
jenes Kreuz, Composizione di notturne insonnie
ist jeder Mensch, wie du, in dieser Nacht des Todes,
soltanto quel corpo torturato, trascinato, ferito,
abbandonata Carne, e dopo crocifissa, sospeso fino al giorno
del Giudizio: di nuovo, nella Luce... Notte,
o forse Nulla. Schreibst du, und das Schönste,
das du schreibst, noch hier im Licht, das BIST du
Jetzt, es blendet, das Andere weltinnen, es zündet
Der Eine in uns an.

Das alte Holz, das ist an uns genagelt,
Materie wacht im tiefsten Zweifel, dolori
portati con pazienza, verlassene Formen
und Substanzen, sole, a guardare negli occhi
questa vecchia morte, Tod, der uns begleitet
von früh bis nachts, quando il giorno si fa greve
di stanchezza per gesti ripetuti
e voci troppo note.

2
Doch Jugend so grün wie die Oliven, silbern
wie deine Sonette, hier, wie sie lebten
als Landschaft, da gehst du, ich sehe es,
du last es vor, auf deinen Lippen stand
der Schmerz unter einer Landschaft Mattiolis
violette Grenzen, dahinter ein Feld:
und alles war doch nur ein Zimmer
der Freundschaft bei Paola und Francesco:
Oh, come trova il corpo una ragione
e una bellezza nel suo quotidiano
indossare per poi togliere la maglia
dal capo, dove svela quel cespuglio
di riccioli arruffati bruni lucidi.
Und doch auf den Lippen damals, schwarz,
eine Wunde mit dem Vater, an einer Seite
brennend zu fühlen und offen bis heute.

Oder am Tisch mit ihm, tavolo fermo,
wir tranken  Rotwein in Parma, aßen und lachten
und du sagtest, glänzend der Blick; wir hier
seien doch geblieben: Creature mute
della terrra antica, cuore che batte
dalle lontananze. Berührt uns gemeinsam:
ein grünes Tal, Versilia, e sono
i seni colline remote, docili, ove giocammo
nell’infanzia del mondo, und das Tal,
es steht nun umgestülpt, noch da und ist schon
längst  vergangen.

Nichts, Nichts ist
vergangen, solange wir hier sind,
beständig wie der Tod, der alles,
nur sich nicht nimmt.
 
MA NIENTE È PIÙ SICURO
 
Per Luciano Fintoni
in questo ultimo autunno

1
Quando insieme eravamo nella luce, allora
in Parma, quella pianura dorata, immersi
nei quadri di Mattioli, e d’un intimo vortice, una luce
penetrò i colori, e più lo spazio si faceva oscuro, più luminoso
si accese / in noi l’Uno, in ebrezza, quasi il dipinto spazio fosse
cielo aperto, e gli occhi l’unico limite. ORA
i tuoi sono chiusi per sempre, ma tu mi vedi
in lui, Bianco: proprio nel cielo più profondo e vuoto
nei nostri sguardi rammemorati tu nel bianco della tua scrittura
ma ora là alla porta, rosso il suo peso acceca, inchina nella morte
il capo, quella croce, composizione di notturne insonnie
è ogni uomo, come te, nella notte della morte,
soltanto quel corpo torturato, trascinato, ferito, abbandonata
carne, e dopo crocifissa, sospesa fino al giorno del Giudizio: di
nuovo, nella luce... Notte, o forse nulla
.  Tu scrivevi, ma tu SEI ora
l’estrema bellezza che alla luce di giorni scrivevi,
acceca, l’Altro che s’interna
al mondo, e l’Uno in noi l’infiamma.

L’antico legno, su di noi inchiodato,
la materia veglia nel più profondo dubbio, dolori
portati con pazienza
, sostanze
e forme abbandonate, sole, a guardare negli occhi
questa vecchia morte
, la morte che ci scorta
dal mattino alla notte, quando il giorno si fa greve
di stanchezza per gesti ripetuti
e voci troppo note
.

2
Ma la giovinezza verde come olive, argentea
come i tuoi sonetti, che vissero qui
come paesaggio; mentre tu vai, lo vedo,
lo leggesti a voce, sulle tue labbra stava
il dolore, sotto un paesaggio, e i confini viola
di Mattioli, ed oltre un campo: ma tutto era soltanto
la stanza d’amicizia di Paola e Francesco:
Oh, come trova il corpo una ragione
e una bellezza nel suo quotidiano
indossare per poi togliere la maglia
dal capo, dopo svela quel cespuglio
di riccioli arruffati bruni lucidi
.
Eppure stava sulle labbra nera
la ferita col padre, e nel tuo fianco
ardeva sempre aperta al tatto.

O al tavolo con lui, tavolo fermo
bevemmo vino rosso in Parma, mangiammo e ridemmo
e tu dicevi, e splendeva il tuo sguardo: noi
siamo restati, creature mute
della terra antica, cuore che batte
dalle lontananze
. E ci commuove insieme:
una valle verde, Versilia, e sono
i seni colline remote, docili, ove giocammo
nell’infanzia del mondo
, e la valle
sta ora arrovesciata, ancora là, da tempo ormai
passata.

Niente, niente è
passato, finché noi siamo qui,
durevoli come la morte che tutto,
fuor che se stessa, prende.

[In corsivo , versi di Luciano Fintoni]

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